Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, gennaio 2024

Tra echi di guerra un Natale di Speranza

Carissimi amici,

quest’inizio del 2024, come tutti gli inizi, porta in sé tanta speranza, insieme alle tante incognite che sono state lasciate aperte dal tempo precedente.

Ho avuto la grazia di passare il Natale in Terra Santa, insieme ai fratelli di Nazaret e certamente le due cose si sono mescolate anche lì: l’incognita della guerra a Gaza che si aggiunge alle tante tensioni già esistenti nella forzata convivenza del popolo palestinese con quello ebraico, insieme alla Speranza con la S maiuscola che il Natale porta con sé.

Avevo promesso ai nostri fratelli che avrei passato il Natale con loro. Mi aveva colpito il “naturale coraggio” col quale avevano affrontato, durante il Capitolo, la decisione del loro ritorno in Terra Santa: “Da Nazaret nessuno è venuto via per la guerra e non vogliamo farlo neanche noi”.

Per i miei standard di coraggio prossimi allo zero (ho paura praticamente di tutto), que-sto viaggio lo consideravo un gesto eroico, ma poi in realtà si è rivelato molto più facile del previsto.

La guerra concentra la sua faccia violenta e distruttiva su Gaza, mentre in altre parti quasi non ci si accorge di essa, almeno a prima vista.

Già partire con l’aereo pieno e con tanti bambini a bordo mi ha colpito. Ero seduto vicino a una giovane famigliola ebrea con tre bambini piccoli. Il papà ha impiegato mezz’ora a rimettere a posto giochi, pennarelli, matite colorate usate dai tre pargoletti. Ho imparato anche che in ebraico mamma si dice “ima”. La povera madre infatti è stata tartassata durante tutto il volo dalle richieste dei figli.

Arrivati a Tel Aviv, l’aeroporto era pieno di vita, di negozi, di colori, anche se grandi foto degli ostaggi ebrei in mano ad Hamas, erano lì a ricordarti la guerra.

Durante il viaggio verso Nazaret con Giovanni Marco, tutto sembrava normale.

E così anche in città tante luminarie e un po’ di confusione facevano sembrare tutto tranquillo.

Però nella gente tanta preoccupazione, tanta incertezza sul futuro, tanto smarrimento. Non c’è stata persona con la quale abbia interagito (soprattutto attraverso i fratelli chiaramente) che non abbia manifestato queste emozioni, queste sensazioni.

Sono rimasto stupito da quanti amici arabi abbiano i fratelli, e dalla loro generosità! Di alcuni ho visto solo i buoni cibi che ci hanno portato; altri li ho potuti conoscere almeno un pochino. La situazione di guerra, la relazione con gli ebrei li preoccupa e li lascia nell’incertezza… anche se sentivo in loro un atteggiamento di speranza, forse un po’ mista a rassegnazione al conflitto, che fa da “benzina” per vivere l’oggi in pienezza.

Una piccola parentesi voglio aprirla sulla cucina araba con i suoi odori e sapori buonissimi: riso, spezie, frutta secca, carne di montone e di pollo, yogurt (laban) e salse varie, dolci pieni di miele… l’anticamera del Paradiso! E questi amici dei fratelli hanno fatto in modo che i miei giorni fossero all’insegna dell’abbondanza!

Poi i vari preti e frati incontrati, soprattutto la sera di Natale (il 24 la Messa in Basilica è stata alle 19.30): tutti sconcertati da questo tempo di guerra e dalla violenza inaudita con la quale è esplosa. Anche se tutti proiettati a continuare la loro presenza e la loro opera in Terra Santa.

La celebrazione è stata presieduta dal Custode di Terra Santa. Mancavano ovviamente i pellegrini che di solito riempiono la Basilica, ma c’erano tantissimi cristiani di Nazaret a celebrare e la chiesa era piena lo stesso. Canti bellissimi, atmosfera fantastica, omelia in arabo (così non mi sono sentito in colpa di aver dormito durante la stessa!).

Natale lo abbiamo festeggiato in fraternità insieme ai carissimi fratelli guanelliani, nostri vicini di casa, con pranzo a cura di Roberto che ci ha fatto gustare sapori italiani: fettuccine
al ragù e arrosto di maiale!

Il giorno di Santo Stefano, con Roberto e Giovanni Marco siamo stati a Gerusalemme, dove abbiamo visitato il Santo Sepolcro che stavolta era vuoto due volte: una perché Gesù è risorto, due perché non c’era praticamente nessuno. Anche nella Città Santa tutto sembrava apparentemente normale. Ma evidentemente l’apparenza inganna.

E così è arrivato il tempo di ritornare a Sassovivo dopo pochi, ma intensi giorni di pellegrinaggio.

Ringrazio il Signore, prego con tutti voi per la pace nel mondo intero e soprattutto nella Sua Terra che forse è così insanguinata proprio perché porta in sé il sangue di Cristo che si è incarnato lì dove è il cuore dell’umanità ferita.

Buon anno a tutti,

Gabriele, fratello priore.


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